La strana vicenda di Red Shamblin

Anche nelle culture moderne si incontra il mito di Davide e Golia, cioè del personaggio coraggioso che sfida un avversario molto più grande e potente oppure che da solo affronta e sconfigge una moltitudine di nemici. Questo mito è stato più volte accomunato alla vicenda dell’America Volunteer Group formato da aviatori americani che andarono a combattere a fianco dei cinesi e contro i giapponesi prima che Washington entrasse ufficialmente in guerra il 7 dicembre 1941.
I volontari dell’AVG giunsero a Rangoon, in Birmania, il 28 luglio 1941 ma il loro addestramento, l’organizzazione dei reparti e la consegna dei Tomahawk IIB andarono così in lungo che, in pratica, entrarono in azione quando già gli Stati Uniti erano in guerra.
All’inizio del luglio 1942 lo scopo dell’AVG si era esaurito e l’US Army ne inserì parte del personale nel 23rd Fighter Group, equipaggiato con i caccia P-40E. Ai piloti di maggiore esperienza fu lasciata la possibilità di compiere un ulteriore ciclo di due settimane, con la qualifica di istruttori civili e possibilità di partecipare a missioni di “difesa degli aeroporti”. Come spesso avviene in guerra, non si andò molto per il sottile e i comandanti locali fecero notare come l’aeroporto potesse essere difeso anche attaccando i campi e i comandi dai quali operavano i giapponesi…
Tra questi “volontari per 15 giorni” vi era anche Arnold (Red) Shamblin (1918-1942), arruolatosi nell’’AVG ed assegnato al 2nd Squadron. Le 30 settimane del suo contratto trascorsero senza che avesse potuto conseguire la distruzione di alcun aereo nemico; forse per questo chiese le due settimane di “rafferma”, prima di tornare negli Stati Uniti.
Nel luglio del 1942 l’aviazione giapponese colpiva duramente ed il 10 luglio Red Shamblin fu inviato, in “missione difensiva”, ad attaccare il comando giapponese di Lin Chaun (oggi Linchwan) e i battelli fluviali ormeggiati presso Nanchang. Alla missione prendevano parte quattro P-40E, il cui leader era John (Pete) Petach, altro veterano dello stesso reparto.
I Warhawk si lanciarono sul primo obiettivo che fu centrato da Petach ma durante la richiamata, il suo aereo fu colpito da una raffica da 20 mm e incendiato. Si schiantò al suolo e tutte le testimonianze concordarono nell’affermare che Pelach, probabilmente ucciso dai proiettili, era rimasto dentro l’abitacolo. Molto più controversa, invece, è la sorte di Arnold che nella formazione era l’ultimo gregario destro.
A proposito della missione del 10 luglio 1942, il rapporto mensile del 23rd FG diceva: “…il Signor Petach ed il Signor Shamblin (notare l’assenza di gradi militari, dato che i piloti formalmente erano istruttori civili) sono stati abbattuti, il primo ucciso ed il secondo catturato dopo essersi lanciato…”. Anche la radio giapponese diede notizia della missione, indicando la data erronea del 9 luglio ma riportandone lo svolgimento allo stesso modo; quindi si aveva una conferma indiretta della cattura di Red Shamblin. In realtà, sembra che dopo l’attacco al comando giapponese nessuno lo avesse mai più visto vivo e le commissioni giapponesi, cinesi e americane sui prigionieri di guerra non ne trovarono mai traccia.
Quando si parla di Shamblin non si può non rilevare il disinteresse dell’US Army nel cercare informazioni sulla sua prigionia e sull’eventuale morte e, quindi, localizzarne la salma. Altrettanto insolito è il fatto che i giapponesi abbiano parlato della sua cattura, riferita anche da un missionario, Paul Frillman, che aveva sentito dire che era tenuto prigioniero ad Hanoi. Dello stesso parere era il Commissariato dell’US Army che avvisò i parenti che Red era “…vivo e indenne ma in mani giapponesi”.
Il fratello Leonard, anch’egli pilota, fece alcune indagini e ricevette una lettera da parte di Bus Loane, un’altra “tigre”, in cui si leggeva, tra l’altro, che il pilota dell’aereo N.3 nella formazione vide che, dopo la richiamata e la virata successive all’attacco, il quarto P-40 lo seguiva regolarmente. La contraerea doveva averlo colpito durante la fase di allontanamento… Anche Loane aveva sentito dal personale cinese presente nel campo del 23rd FG che secondo la radio delle forze d’occupazione il pilota di uno dei due aerei abbattuti si era lanciato con il paracadute, era stato catturato ed era stato portato in una prigione di Shanghai.
Sta di fatto che nessuno ne seppe mai più nulla, anche se un credibile indizio della tragica verità è venuto da un cinese della locale missione cattolica che all’epoca svolgeva il ruolo di attendente presso il comando giapponese. Egli assistette all’attacco e all’abbattimento di un P-40, il cui pilota, morto, era rimasto nell’abitacolo. Poi, in una lancia ormeggiata nel fiume, a circa 50 m dal luogo dove era precipitato l’aereo, vide il cadavere di un occidentale, alto, magro e con i capelli “gialli”, una descrizione applicabile a Red. Un militare giapponese guardò il corpo, vide che apparteneva ad un morto, e lo spinse nel fiume.
E’ molto probabile, quindi, che questo fatto spieghi la scomparsa totale di Shamblin, ma come mai la radio giapponese lo aveva descritto quale prigioniero?
Le risposte non possono che essere delle ipotesi: possiamo ritenere che, dopo il passaggio a fuoco, anche il P-40 di Shamblin avesse ricevuto qualche colpo. Probabilmente i danni erano stati gravi o lo stesso Red era stato ferito, tanto da non avere altra possibilità che abbandonare l’aereo. I giapponesi della guarnigione videro il paracadute o furono informati da testimoni locali e perciò il primo rapporto sull’attacco, quello alla base dei comunicati radio, parlò di pilota salvo (e la prigionia a Shanghai o ad Hanoi probabilmente erano soltanto supposizioni). Appare possibile che Shamblin fosse arrivato a terra morto o gravemente ferito oppure che fosse stato ucciso da soldati nemici.
Quindi, un caso complesso solo in apparenza che, comunque, ha una sua parte in quell’epopea che continua a riempire pagine e pagine: la storia delle “Tigri di Chennault”.




