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MASSON DIDIER: FU IL PRIMO PILOTA AD EFFETTUARE UN BOMBARDAMENTO

MASSON DIDIER: FU IL PRIMO PILOTA AD EFFETTUARE UN BOMBARDAMENTO Di John Milner Siamo a soli 7 anni dai primi voli dei fratelli Wright, in Europa ci sono ancora difficoltà da parte della gente e delle istituzioni a comprendere appieno le potenzialità dell’aeroplano, stentano a crederci, anche se sappiamo, ancora per poco. Diverso negli Stati Uniti, che non solo hanno gia’ superato quella fase di scetticismo, ma dove un po’ dappertutto dilaga l’entusiasmo per il volo in varie direzioni: scuole di volo, spettacoli aviatori, esperimenti di ogni tipo, imprese che sgomitano per farsi strada nel campo, richiesta di registrazioni di brevetti. Ed e’ li’ che, dalla Francia, si recherà Masson Didier per dare sfogo al suo prepotente desiderio di avventura legato all’aeroplano : meeting, dimostrazioni di volo, spettacoli. Il pilota francese e’ ad ogni effetto un pioniere e cerca anche una sorta di primati : nel 1910 a New York, sotto gli occhi di una folla entusiasta pilota il biplano di Emma Lilian Todd, il primo aereo progettato da una donna; nel gennaio 1911 ha un incidente nel tentativo, a Los Angeles, di instaurare un servizio aereo di distribuzione di quotidiani ; nel luglio successivo è il primo a sorvolare Honolulu durante un volo di 19 miglia percorso in 22 minuti; seguono varie dimostrazioni di volo in California su un Curtiss Gordon Flyer e in Canada dove cerca di istituire un servizio postale tra Calgary ed Edmonton. Nel 1912 fa parte del primo circo volante della storia, diventando una specie di saltimbanco volante, sponsorizzato da un certo Gate.Ma sono anni in cui ribollono le rivoluzioni in Messico, che vede alternarsi al potere feroci dittatori come Porfirio Diaz e piu’ o meno inconcludenti capi rivoluzionari. Sara’ uno di questi, Alvaro Obregon, proprietario di un biposto Glenn Martin, sottratto in Arizona e battezzato Sonora, ad andare a cercare in California qualche pilota mercenario in grado di svolgere azioni di ricognizione utili a contrastare i governativi. Così entro’ in scena Masson Didier, che si portò dietro in Messico un compagno che poteva svolgere la funzione di sganciatore di bombe. Il Glenn Martin poteva trasportare in effetti ben…75 kg di bombe, un particolare che Obregon volle sfruttare per poter meglio colpire il nemico . E l’occasione si presentò nel maggio del 1913, quando nel porto messicano di Guayamas viene individuata la cannoniera ( alcuni lo definirono incrociatore) General Guerrero, che fu attaccata da una quota di circa 1.000 metri, senza risultati . Era il primo bombardamento aereo della storia! l’attacco fu poi ripetuto, ma ne’ le bombe, ne’ il leggero fuoco contraereo tentato dalla nave provocarono danni o perdite. L’aereo entrava tuttavia nella storia come mezzo offensivo dalle potenzialità tutte da scoprire, ma che gia’ accendevano la fantasia dei generali.Didier Masson rientro’ in Francia di lì’ a poco per prendere parte alla prima guerra mondiale, dove nel 1916 fece parte della mitica Squadriglia Lafayette, volando su un Nieuport. Dicier torno’ poi in America, dove venne sempre considerato un vero pioniere dell’aria. La’ mori’ nel 1950.  

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FAIRCHILD C-82 PACKET

FAIRCHILD C-82 PACKET La Fairchild, anche se non si trattava di un costruttore di primissimo piano, fu sempre un marchio con una certa importanza nel panorama aeronautico degli Stati Uniti. Era stata fondata da Sherman Fairchild nel 1924 come Fairchild Aviation Corporation, a Farmingdale (New York State), ed in seguito era diventata Fairchild Aircraft Manufacturing Company, con la filiale canadese Fairchild Aircraft Ltd. di Longueuil (Quebec, Canada), continuando ad operare con il suo marchio fino al 1964. Il suo nome è sparito definitivamente nel 2003.A parte occasionali esperienze in altri settori, la vocazione del marchio Fairchild sì è prevalentemente manifestata nell’ambito degli aerei da trasporto e da addestramento. Nel primo decennio della sua esistenza la Fairchild aveva costruito 119 tra FC-1 ed FC-2 per quattro passeggeri, 11 Model 71 per otto passeggeri, otto Model 42 per tre passeggeri, 27 Model 100 per nove passeggeri, ben 2,232 Model 24 (che furono il suo maggior risultato numerico nel campo degli aerei da trasporto, descritto alla voce Fairchild UC-61 Argus/Forwarder), più diversi tipi di aerei da turismo e da addestramento.Il vero salto di qualità ci fu con il progetto del Model 78 o F-78, universalmente noto come C-82 Packet (pacco), di cui furono costruiti 232 esemplari che, tuttavia, furono il preludio di un successo ben maggiore, conseguito con il derivato C-119 Boxcar (vagone ferroviario) costruito in 1.183 esemplari a partire dal 1949.Nell’estate del 1941, quella che in quel periodo era denominata Fairchild Engine & Aircraft Corporation, fu incaricata dall’US Army Air Corps della realizzazione di un aeroplano da trasporto. Si trattò di uno dei primi esempi di aeroplano concepito espressamente per il ruolo del trasporto di soldati e materiali in ambito strategico. Gli studi di questo costruttore portarono alla realizzazione di un aereo a travi di coda, un’architettura che si sarebbe rivelata nell’impiego particolarmente indovinata, consentendo la creazione di una fusoliera di grande sezione, accessibile tramite un portellone bivalve; il suo progetto fu presentato nel novembre 1941.Il simulacro in grandezza naturale fu completato all’inizio del 1942 ed il prototipo poté volare il 10 settembre 1944; una chiave del successo della sua formula era stata la decisione dell’US Army di modificare le specifica che richiedeva la costruzione mista, con legno e acciaio, con quella di una moderna cellula interamente in lega leggera. La versione di serie C-82A fu oggetto di un ordine iniziale per 100 esemplari, ufficialmente chiamati Packet anche se poi il personale preferì chiamarli Flying Boxcar (vagone volante); l’ordine fu subito incrementato fino a 220 esemplari mentre si prevedeva di affidare la licenza di produzione per altri 997, indicati come C-82N, alla North American. Prima della fine della guerra furono costruiti dieci C-82A e tre C-82N che, tuttavia, non fecero in tempo ad entrare in servizio. Le consegne dei 220 esemplari ordinati alla Fairchild terminarono nel 1948, meno un aereo che fu trattenuto per diventare l’XC-82B che sarebbe stato poi ridesignato XC-119A. Degli aerei costruiti 18 furono attrezzati per il lancio di rifornimenti e materiali di soccorso mentre due diventarono EC-82A per servire quali banchi-prova volanti per installazioni particolari; in questo caso il prefisso E non aveva a che vedere con Electronics e, infatti, sperimetarono sistemi d’atterraggio a sci e a cingoli. FAIRCHILD C-82 PACKETAereo da trasporto strategico per tre persone d’equipaggio e 42 soldati Impianto propulsivo: due Pratt & Whitney R-2800-85 Double Wasp, radiali a 18 cilindri, da 2.100 HP.Dimensioni: apertura alare 32,46 m; lunghezza 23,50 m; altezza 8.03 m; superficie alare 130,10 m2.Pesi: a vuoto 14.775 kg; massimo al decollo 24.545 kg.Prestazioni: velocità massima 400 km/h, di crociera 351 km/h, di salita 4,8 m/sec; tangenza pratica 6.460 m; autonomia massima 6.240 km.Armamento: non previsto.

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GLI HONCHO PILOTS

GLI HONCHO PILOTS Di Alberto Sgarlato  Giugno 1950: l’esercito della Corea del Nord attraversa il 38* parallelo, che segna il confine tra le Coree, e irrompe al Sud. Gli avversari sono le forze armate di mezzo mondo, inviate sotto l’egida dell’ONU. Un’ offensiva non facile, per cui il premier Kim Il Sung aveva chiesto aiuto a Mao Tse Tung con la sua potente Armata di Liberazione del Popolo, ma contemporaneamente anche a Stalin nel senso di un intervento aereo diretto, che il dittatore sovietico non aveva fornito formalmente per paura di una risposta aerea massiccia americana sul territorio sovietico. Stalin in realtà non si sottrasse affatto alla richiesta nordcoreana iniziando con l’ inviare un centinaio di nuovi cacciaMiG-15 con i relativi piloti.Il primo reparto russo a intervenire fu la 324a divisione aerea , al comando nientemeno del Col.Ivan Kozhedub, l’Asso degli Assi sovietico nella 2a GM , con 62 aerei tedeschi abbattuti, tuttavia col divieto di non partecipare ai combattimenti data la sua notorietà. Ci si sforzo’ anche di nascondere la presenza russa facendo vestire ai piloti divise nordcoreane e, come sappiamo, facendo volare gli aerei con insegne nordcoreane. Negli stessi giorni dei primi scontri tra jet russi e americani, entrarono in azione anche sei reggimenti di MiG-15 cinesi dando il via alla vera e propria guerra aerea nei cieli coreani.I piloti americani pero’ notarono presto che tra i piloti nemici ce n’erano alcuni molto più abili e aggressivi di altri, e li definirono nei loro briefing “ Honchos”, usando un termine giapponese che significava “ capo “. Gli honchos dovevano mostrare appieno questa loro diversità, abbattendo parecchi caccia americani e tre Superfortezze B-29. In realta’ erano piloti sovietici che entrarono a far parte della neo costituita International Communist Volunteer Air Force, una compagine temibile al comando del generale russo Georgi Lobov, con un personale complessivo, tra piloti, meccanici, addetti alla contraerea e ai radar , di 70.000 uomini.Sappiamo ora che questa forza aerea comprendeva 12 divisioni aeree con circa 1.400 velivoli , ai quali vanno sommati quelli di Cina e Nord Corea. Se si considera l’elevato numero -circa 25- di piloti russi Assi, cioè con abbattimenti che andavano dai 14 ai 23 aerei, si capisce come le stime di aerei americani abbattuti siano tutte da rivedere : 258 secondo le fonti russe, numero probabilmente esagerato, ma soli 121 caccia e 18 bombardieri secondo fonti americane, sicuramente scarso! La guerra aerea in Corea fu quindi una guerra aerea ad alta intensità e di vaste dimensioni, e soprattutto uno scontro diretto tra piloti russi e americani, in cui si puo’ onestamente parlare di parità in termini di abilità e coraggio.

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ANCHE GLI STATI UNITI ENTRARONO IN GUERRA CON UN BIPLANO

ANCHE GLI STATI UNITI ENTRARONO IN GUERRA CON UN BIPLANO di Nico Sgarlato  Benché quest’aspetto sia raramente ricordato, gli Stati Uniti entrarono in guerra avendo in linea un caccia biplano, il Grumman F3F dell’US Navy.Quest’aereo si rifaceva ad una famiglia di caccia imbarcati che vide la Grumman crearsi una buona reputazione nella fornitura di aerei navali, caratterizzati da una proverbiale robustezza (tanto che la casa costruttrice era scherzosamente soprannominate “Premiate Fonderie Grumman”).A contendersi il mercato di questo genere di macchine negli anni Venti erano soprattutto la Boeing e la Curtiss ma all’inizio degli anni Trenta entrò in campo la Grumman, inizialmente controllata dalla Loening Aircraft. La Grumman deteneva il brevetto di un tipo di carrello retrattile che rientrava, mediante cinematismi dal progetto particolare, con movimento verso l’interno e verso l’alto, in due recessi nella parte anteriore della fusoliera, nei quali le ruote rimanevano esposte. Quest’impostazione caratterizzava i caccia Grumman per un aspetto particolarmente… corpulento della fusoliera. Un’altra caratteristica innovatrice era costituita dall’abitacolo, monoposto o biposto in tandem, completamente chiuso da un tettuccio trasparente.Il primo aereo della famiglia, ordinato il 2 aprile 1931, fu l’XFF-1, il cui primo volo avvenne il 29 dicembre dello stesso anno. Quest’aereo (Grumman G-23, soprannominato Goblin, folletto maligno) era stato progettato per un impiego civile, per addestramento e sport (infatti, era un biposto in tandem) ma colpì l’US Navy per le sue prestazioni elevate, poiché superava i 320 km/h. Furono ordinati 27 FF-1, soprannominati Fifi. L’ultimo aereo di questo tipo, declassato a colpiti di seconda linea, fu radiato solo nel 1942.Il 2 novembre 1932 fu ordinata la nuova versione XF2F-1, caratterizzata da un motore Pratt & Whitney XR-1535-44 Twin Wasp Junior da 625 HP. L’XF2f-1, che era monoposto, volò per la prima volta il 18 ottobre 1933 e dimostrò la capacità di raggiungere 368 km/h. L’F2F entrò in servizio il 19 febbraio 1935 ed alcuni di essi volavano ancora come aeroplani di servizio per alcuni comandi di Squadron alla fine del 1941.Anche se, nell’insieme, gli FF ed F2F si potevano considerare dei buoni aeroplani, in particolare con il secondo si presentarono problemi di stabilità e difficoltà nell’uscire dalla vite non intenzionale; queste carenze si riscontrarono poi anche in seguito su altri tipi di aeroplano nei quali si presentavano una fusoliera piuttosto corta in rapporto all’apertura alare e con sezione della fusoliera che andava rastremandosi sensibilmente dal muso alla coda ma allora questi aspetti erano stati sottovalutati.Per superare questi inconvenienti, aggiungendo nel contempo la capacità di attaccare bersagli di superficie con due bombe, il 15 ottobre fu ordinato l’XF3F-1 che era, a tutti gli effetti, una versione migliorata dell’F2F. Il motore rimaneva lo stesso ma la fusoliera era allungata ed aumentava anche la superficie alare. L’XF3F-1 volò il 20 marzo 1935 e, nonostante un inizio infausto (due giorni dopo, al 13° volo, l’aereo precipitò durante una richiamata, uccidendo il collaudatore, ed il 9 maggio anche il secondo prototipo ebbe un incidente) vi fu un primo ordine per 54 esemplari di serie ed il totale arrivò a 147. Gli ultimi furono radiati nel novembre 1943. GRUMMAN F3F-3Caccia imbarcato, monopostoImpianto propulsivo: un Wright R-1820-22 Cyclone radiale, a nove cilindri, da 950 HP.Dimensioni: apertura alare 9,75 m; lunghezza 7,06 m; altezza 2,84 m; superficie alare 24,15 m2.Pesi: a vuoto 1.490 kg; massimo al decollo 2.175 kg.Prestazioni: velocità massima 425 km/h a 4.650 m, di crociera 240 km/h, di salita 14 m/sec; tangenza pratica 10.120 m; raggio d’azione 720 km; autonomia 1.600 km.Armamento: una mitragliatrice Colt-Browning M2 da 12,7 mm con 200 colpi ed una Colt-Browning M1919 da 7,62 mm con 500 colpi e due bombe Mk. IV da 53 kg.

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Albert Scott Crossfield : la stupefacente carriera e la strana morte di un gigante dell’Aviazione.

Albert Scott Crossfield : la stupefacente carriera e la strana morte di un gigante dell’Aviazione. di Nico Sgarlato   Scott Crossfield e’ stato uno dei più grandi piloti collaudatori della storia dell’aviazione. Assieme a Chuck Yeager, negli anni dell’epopea degli X- Aircraft , “ Scotty”, come amava essere chiamato, fu qualcosa di simile a quello che nell’Italia più povera e dalle ambizioni più modeste avrebbero potuto essere Coppi e Bartali: i due italiani in gara per essere i più veloci su una bicicletta, mentre Crossfield e Yeager si contendevano il primato del più alto numero di Mach!Crossfield probabilmente non aveva il carisma di Chuck Yeager, favorito da un aspetto più prestante, ma certamente aveva una formazione professionale completa e, infatti, amava dire di essere un progettista aeronautico divenuto pilota per meglio capire gli aeroplani.Scotty Crossfield era nato a Berkeley, in California, il 2 ottobre 1921 e a sei anni era salito per la prima volta su un aeroplano (ovviamente come passeggero). A 12 aveva preso in mano per la prima volta i comandi. Durante la Seconda Guerra Mondiale aveva prestato servizio nell’US Navy come istruttore e pilota da caccia, volando su F6F ed F4U, e dopo il conflitto, nel 1949, si era laureato in ingegneria aeronautica, specializzandosi in aerodinamica e lavorando al Kirsten Wind Tunnel dell’University of Washington.Nel giugno 1950 era stato assunto dal NACA (National Advisory Committee for Aeronautics) e assegnato alla High-Speed Flight Station, quella che oggi è il Dryden Flight Research Center della NASA.In quel periodo aveva iniziato la sua corsa ai primati, partecipando, tra il 1950 ed il 1955, ai collaudi di aerei come i Bell X-1, Northrop X-4, Bell X-5, Convair XF-92A, Douglas D-558-I Skystreak e D-558-II Skyrocket, e totalizzando 87 voli con propulsione a razzo ed ulteriori 13 voli sullo Skyrocket con la sola propulsione a reazione. Il 20 novembre 1953 era stato il primo uomo a raggiungere Mach 2 con lo Skyrocket ma la sua carriera di collaudatore di aerei “estremi” doveva arrivare al culmine il 15 novembre 1960 quando, volando a oltre 3.150 km/h (Mach 2,97) con un X-15, aveva toccato la velocità più alta della sua carriera nonché la massima altitudine (26.858 m); per inciso, Crossfield aveva preso parte anche alla progettazione di quest’ultimo aerorazzo. Infatti, nel 1955 aveva lasciato la NASA ed era stato assunto dalla North American Aviation.Nell’ambito di questo suo incarico aveva compiuto, nel 1959, il primo volo di collaudo dell’X-15. Complessivamente Scotty aveva compiuto, con “il favoloso X-15” 16 voli vincolati all’aereo-madre B-52 e 14 voli liberi.Durante il periodo della sua attività alla North American si era anche occupato del missile di crociera Hound Dog, delle prime ricerche nel campo dei paracadute ascensionali e dei deltaplani, dei moduli di comando e servizio della capsula Apollo e del secondo stadio del vettore Saturn V.Lasciata la North American, aveva ricevuto incarichi ad alto livello nella Hawker-Siddeley Aviation e nella Eastern Airlines, assumendo dal 1977 al 1993 il ruolo di consigliere tecnico del Committee on Science and Technology della Camera.Il suo ultimo incarico ufficiale data il 2003, quando, a 82 anni (continuando a rivaleggiare, in fatto di longevità professionale, con Yeager) era stato istruttore dei piloti che dovevano portare in volo la replica del Wright “Flyer” del 1903, costruita per commemorare il primo secolo del volo a motore.A 84 anni, il 19 aprile 2006, Scotty stava volando da solo ai comandi del suo Cessna 210A Centurion, quando, senza alcun segnale di “Mayday” che facesse supporre un’avaria, non ha dato più notizie. Proprio per questo motivo, anche se nessuno lo ha detto, sono stati in molti a pensare che forse Crossfield potrebbe aver pensato che fosse giunto il momento di chiudere, tenendo tra le mani un volantino !

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NOVEMBRE 1956 “BOMBARDATE BUDAPEST”

NOVEMBRE 1956 “BOMBARDATE BUDAPEST” di Giorgio Tanzi Il 1956 fu un anno di avvenimenti drammatici, e vide anche, nel quadro della repressione della rivolta in Ungheria, la prima pianificazione di un’operazione di guerra per le Forze Strategiche della VVS sovietica .I protagonisti dovevano essere i Tu-4 ( Bull) , le copie sovietiche del B-29 americano, di un reparto basato, a Borispol, vicino a Kiev in Ucraina.Si trattava del momento culminante della crisi ungherese: il premier Nagy aveva proclamato l’uscita del paese dal Patto di Varsavia e i corazzati russi stavano per entrare in Ungheria.Fu allora che gli equipaggi dei Tu-4 della 43a armata aerea ricevettero l’ordine di bombardare Budapest ! Una quindicina di bombardieri, carichi ciascuno con 3.000 kg di bombe, e con l’armamento difensivo in pieno assetto, dovevano dirigere su Ploesti, sorvolando la Romania, per poi compiere una virata di 330 gradi e puntare su Budapest. Obiettivo, il comando ungherese insediato in un teatro di Pest .La quota di volo doveva essere inizialmente di 8.600 m, da ridurre poi in vicinanza dell’obbiettivo a 3.000 m, alla velocità di 380 km/hIl volo si svolse con i bombardieri al peso di oltre 60.000 kg, prossimo al massimo consentito. Negli equipaggi dominava un intenso nervosismo, in fin dei conti l’ Ungheria era allora un paese fratello, contro cui nessuno provava particolare avversione. Ma improvvisamente alla radio fu trasmessa la parola Kover, tappeto, che significava in codice di interrompere l’azione. E il Tu-4 invertirono la rotta per il rientro, con sollievo degli interi equipaggi.I corazzati sovietici si erano velocemente impadroniti della città e avevano raggiunto l’obiettivo a cui erano stati destinati i bombardieri.Fu, per quanto mancato, da considerarsi una delle poche missioni svolte nel cuore dell’ Europa dai Tu-4 . Un esemplare dei Bull partecipanti si trova dal 1958 al museo dell’Accademia Yuri Gagarin a Monino.Una delle innumerevoli missioni della VVS negli anni della guerra fredda si era risolta senza danni e senza caduti.

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OPERAZIONE BULLS EYE E LA LEGGENDA DEL B-58 MIMETICO

OPERAZIONE BULLS EYE E LA LEGGENDA DEL B-58 MIMETICO di Giuseppe Fassari   Anche se il Convair B-58 Hustler è stato un aereo costruito in poco più di un centinaio di esemplari, è fuor di discussione che nell’immaginario aeronautico collettivo occupi un posto di rilievo : una freccia d’argento, capace di volare ad oltre 2.000 Km/h e a più di 12.000 m di altezza, armato con ordigni nucleari ospitati all’interno di un  pod aerodinamico trasportato sotto la fusoliera . Il concetto alla base del B-58 Hustler era in fin dei conti  semplice, cioe’ volare il più in alto possibile sopra le difese dell’Unione Sovietica e soprattutto il più velocemente possibile, impiegando le armi atomiche con una precisione superiore agli altri bombardieri strategici. Tutto questo rimase un pio desiderio, poiche’ a partire dai primi anni ’60 l’Unione Sovietica iniziò a schierare difese aeree molto efficaci, soprattutto alle quote più elevate, consistenti nel  sistema missilistico terra-aria (SAM) SA-2 (in codice NATO “Guideline”). Il missile aveva una gittata di circa una settantina di chilometri, con una quota massima  di circa 18/20.000 m, ben all’interno dell’inviluppo di missione in cui ci si aspettava che il B-58 operasse in tempo di guerra. Il 1 maggio 1960, l’U-2 di Gary Powers fu abbattuto da ben 3 SA-2 durante una missione di ricognizione fotografica sull’Unione Sovietica, un evento che preoccupò non poco l’USAF e in particolare lo Strategic Air Command, per la vulnerabilità che a questo punto i suoi bombardieri avevano rispetto ai SAM sovietici durante le penetrazioni ad alta quota. Mentre negli USA stava sviluppandosi questa consapevolezza, iniziarono ad arrivare i dati sulle perdite dei velivoli coinvolti nel conflitto del Vietnam e in modo particolare di quelli impegnati nelle difficili missioni sopra i cieli nordvietnamiti. Apparve subito evidente che la minaccia dei SAM russi non valeva soltanto per i bombardieri strategici, ma anche per l’aviazione tattica. Bisognava quindi considerare la possibilità che i bombardieri potessero volare al di sotto del controllo dei radar associati ai siti SAM, in modo da ridurre  notevolmente  la distanza d’ingaggio. Diventava fondamentale cambiare tattica in nome della penetrazione a bassa quota.  Mettendo assieme queste esigenze  nacque il “Bullseye Project”, programma segretissimo ed altamente riservato, gestito direttamente dal Capo di Stato Maggiore dell’USAF, il Generale Jack Ryan. Si trattava di trasformare il B-58 in un sistema d’arma più flessibile con l’aggiunta di armi convenzionali trasportate all’esterno e in particolare testare la fattibilità dell’ impiego  del B-58 come “Pathfinder” per formazioni di F-4 Phantom ed F-105 Thunderchief, in modo tale da migliorare la precisione di questi su obiettivi selezionati nel Vietnam del Nord. Obiettivo  secondario era analizzare anche la capacità di penetrazione dell’Hustler a bassa quota per l’impiego  presso il SAC con armi nucleari. L’idea alla base era quella che un eventuale “bomb run” tutta condotta a bassa quota ed alta velocità, senza la salita finale e con una maggiore sorpresa per l’avversario, avrebbe ridotto le perdite. Le formazioni, abitualmente composte da quattro aerei tattici (F-4 od F-105) e guidate dal B-5, avrebbero rilasciato i carichi al suo comando. Inoltre vi era la possibilità di creare  un supporto reciproco per la protezione elettronica della formazione, in quanto tutti e cinque i velivoli avrebbero utilizzato le loro apparecchiature elettroniche individuali . Il B-58 appariva ideale per volare con caccia tattici: veloce quanto questi  se non di più, maneggevole a sufficienza, più stabile e con un rateo di virata che permetteva addirittura di rimanere entro il raggio dell’F-4 o del Thud. In piu’ aveva i migliori piloti, navigatori ed operatori di sistemi difensivi (DSO) dello Strategic Air Command. I test,  condotti  a in più intervalli nell’estate 1967 a Eglin AFB, in Florida, videro coinvolti i B-58 del 305th BW ed F-4 di vari reparti per testare le tattiche di volo in formazione e la precisione nel bombardamento. I B-58 del 43rd BW di Little Rock AFB invece compirono test assieme agli F-105 per valutare la copertura ECM reciproca. Vennero effettuate “ corse “ alla quota di circa 6.000 m,  per scendere  poi progressivamente al “’tree-top level“, ovvero rasentando il terreno. Tutti gli sganci di armamento dovevano essere effettuati il più vicino possibile alla soglia di Mach 1. Quanto ai carichi, oltre a sfruttare la metà del pod centrale del B-58 che doveva contenerli, si penso’ di farli trasportare appesi ai quattro punti di attacco alari, normalmente previsti sul bombardiere  per le bombe nucleari Mk.43, modificandoli.  Complessivamente furono volate oltre 3.000 sortite e il periodo di test più lungo fu di 27 giorni. Tuttavia, anche se il progetto Bullseye si era rivelato un successo, con risultati di bombardamento a bassa quota decisamente migliori di quelli ottenuti a quote  più elevate, fu cancellato dal Segretario della Difesa Robert McNamara, preoccupato per le ripercussioni  che avrebbe potuto avere  l’ eventuale abbattimento di un un B-58, e peggio ancora la cattura del suo equipaggio. Una decisione improvvisa nonostante fosse stato preannunciato agli equipaggi il rischieramento alla base del SAC di U-Tapao in Thailandia.  Nasce qui la voce secondo cui la freccia argentea B-58, in almeno un esemplare, sarebbe stata dipinta nello schema mimetico SEA con due toni di verde, uno di marrone e le parti inferiori nere. Voce  confermata da diverse fonti, che fanno riferimento all’esemplare  59-2428 ma mai provata da immagini fotografiche. Una leggenda a supporto di un impiego impensabile progettato per la macchina di punta del Comando Strategico americano di quegli anni. 

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A POCHI PASSI DALLA LUCE : ROBERT THOMPSON

A POCHI PASSI DALLA LUCE : ROBERT THOMPSON Di Giorgio Viola  La “linea gotica” si è sfaldata: da Rimini al Tirreno, le eterogenee armate alleate inseguono l’esausto Gruppo Armate C tedesco del Generale Vietinghoff-Schell, un fiume di uomini e mezzi in ripiegamento attraverso la pianura Padana, direzione Brennero, incontro alla capitolazione. Il C.N.L. Alta Italia si appresta a decretare l’insurrezione generale e i carri armati dell’8a Armata inglese sono in cammino sulla Via Emilia, verso Bologna, che verrà ufficialmente liberata all’alba del 21 aprile.  Nel bunker della Cancelleria, a Berlino, Adolf Hitler festeggia, in un’atmosfera di allucinata follia, il cinquantaseiesimo compleanno, mentre le avanguardie dell’Armata Rossa sono già nei sobborghi orientali della capitale tedesca e gli americani conquistano Norimberga. Aeroporto di Pisa S.Giusto: sede del 350th Fighter Group U.S.A.A.F ore 13:15. Dalla pista principale, decolla una sezione di quattro caccia bombardieri P-47D Thunderbolt del 346th Fighter Squadron, denominazione in codice “Minefield Ivory”, composta da: 1st/lt.Bergeron in coppia con il 1st/lt.Thompson, gregario d’ala e dal 1st/lt.Barton in coppia con il 1st/lt.Floyd. Obiettivo della missione: la cittadina di Vignola, 25 Km a sud-ovest di Bologna, ancora occupata da truppe germaniche. La formazione serrata raggiunge l’obiettivo alle 14:00. L’attacco viene portato con razzi esplosivi e bombe. Conclusa l’azione, sotto un accurato tiro contraereo tedesco, “Minefield Ivory” prosegue la missione di ricognizione verso la via Emilia separandosi in due coppie. Thompson a un certo punto avverte via radio Bergeron che nel suo abitacolo è comparso del fumo e che decide quindi per la rotta di rientro; otto miglia a Nord di Vignola, Bergeron vede in una strada secondaria, due carri armati nemici, un breve colloquio via radio con il gregario e procede all’attacco con razzi incendiari. Bergeron compie un passaggio in picchiata su un carro lanciando una salva di razzi, poi chiama via  radio il compagno. Thompson dice  di esser stato colpito dal tiro contraereo al motore, con conseguente perdita di pressione dell’olio. Senza ulteriori indugi, la formazione si raduna per assistere il compagno in difficoltà. Dal Rapporto post-volo del lt.Bergeron : “…ho chiamato Thompson chiedendogli se potevamo effettuare una manovra di passaggio sui carri per colpirli senza rischiare. Egli ha risposto che l’odore di benzina in quel momento non era troppo forte, ma che era stato colpito e stava rientrando alla base. Poi ha virato in direzione Sud…”   Appennino modenese: Latitudine 44° 25’N – Longitudine 10° 58’E. ore 14:30 circa. E’ un pomeriggio terso e luminoso di un’importante primavera. Siamo nei pressi della Pieve di Trebbio, un’antica Chiesa romanica dell’XI secolo, affacciata all’ardita architettura geologica dei Sassi di Roccamalatina,  pochi chilometri a sud di Vignola. Un gruppo di ragazzi sta allegramente giocando tra i filari di vite e i campi di erba medica. A un tratto, un cupo rumore di motori aerei in avvicinamento da Nord, direzione Sud-Ovest, catalizza l’attenzione di tutti. Sono quattro caccia argentei, in formazione raccolta, uno di essi traccia in cielo una lunga scia di fumo bianco, segno inequivocabile di problemi meccanici. Giunti sulla verticale dell’antica Pieve, il velivolo in avaria compie una virata di 270° e identificato uno spiazzo sufficientemente ampio, si appresta ad un atterraggio di fortuna con il carrello retratto. I giovani spettatori si radunano al riparo di un ampio fossato, seguendo ipnotizzati l’evolversi della situazione. Con il motore a regime minimo, il velivolo tocca terra su una vigna disegnando un’ampia traccia di filari abbattuti. Il pesante caccia sembra destinato ad esaurire la sua folle corsa ragionevolmente indenne, ma accade l’imprevisto. Sulla traiettoria si para una robusta pianta di ciliegio : la radice dell’ala sinistra impatta con violenza l’albero, con lo schianto di un tuono, e l’aereo compie una repentina rotazione a sinistra prima di arrestarsi. Nel silenzio che segue, i cinque ragazzi accorrono istintivamente verso il relitto, sulla fiancata una grande stella bianca in campo blu, colori e simboli ormai famigliari di una nuova pagina di Storia. Nel frattempo l’aereo di Bergeron, protetto dalla coppia in quota, compie una serie di bassissimi sorvoli, cercando di intravedere un gesto di vita del compagno caduto. Accorre un contadino del luogo, Ettore Pedroni. Consapevole  dei terribili pericoli che i ragazzi stanno correndo, tra il frastuono dei motori urla al giovane figlio di salire in casa, poi,  a pochi metri dall’aereo, sventola freneticamente  un asciugamani bianco in direzione degli aerei in cielo, che nulla possono fare se non registrare le coordinate di caduta e far rotta  Sud – Ovest, verso Pisa. Pochi minuti dopo, giungono due soldati tedeschi del locale presidio, aprono rapidamente il tettuccio di plexiglass ed estraggono il pilota esanime. Appare subito chiaro che il giovane pilota è morto. La mancanza di ferite sul corpo fanno pensare a fatali lesioni interne dovute al duro impatto. Ai testimoni appare un pilota col viso da ragazzo e le mani delicate, ben diverse da quelle di chi, ogni giorno, in pace o in guerra, coltiva i campi. In un taschino della tuta, è custodito il piastrino personale, che reca la scritta tenente  Robert G. Thompson e il numero matricolare. Da un altro comparto della combinazione di volo, viene estratto un piastrino di bachelite verde, con un’iscrizione in diverse lingue, sopra il quale è richiesto, in caso di morte del pilota, di sotterrare il corpo nei pressi del velivolo onde facilitarne il ritrovamento. Compiuta la pietosa opera, i due soldati tedeschi si allontanano, trattenendo gli effetti personali dello sfortunato aviatore. Viene severamente  intimato ai civili del luogo di stare alla larga, gli artificieri sarebbero tornati l’indomani per minare il relitto. Ma gli eventi incalzano, l’orologio della Storia avanza inesorabile verso la liberazione. Nella notte viene smontato tutto il materiale riutilizzabile, armi, munizioni, carburante, che diverranno strumenti nelle mani dei partigiani, in piena offensiva.  Col tempo poi, alluminio, gomma e acciaio, diverranno ingegnosi utensili e tegami da cucina per generazioni intere di famiglie del luogo. Con la partenza del presidio tedesco, il corpo del pilota viene spostato e sepolto dai contadini del luogo nel piccolo cimitero della Pieve Romanica. Il 21 Luglio 1945 il pilota sara’ trasferito, ad opera del QMC dell’US Army, al cimitero americano di

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I caccia a elica “felini” della Grumman

I caccia a elica “felini” della Grumman Le industrie e le forze armate del mondo non hanno lo stesso atteggiamento nei riguardi dell’onomastica e dpropri aeroplani: per la Gran Bretagna il nome proprio è la principale forma di identificazione e anche negli Stati Uniti, dove la sigla alfanumerica è prevalente, il nome riveste un’innegabile importanza; altri, come, Francia, Giappone, Italia hanno sempre prestato pochissima attenzione a questo aspetto. Al di là di queste considerazioni, il nome è importante per memorizzare (ma anche promuovere) un prodotto, come dimostra la scelta dei “Cats” (letteralmente gatti, ma anche felini in generale) della Grumman. I progetti Grumman con questi nomi apparvero a partire dalla prima generazione di caccia monoplani, in risposta ad un concorso bandito il 15 novembre 1935 dall’US Navy per un aereo imbarcato che fosse in grado di rivaleggiare con i più moderni tipi basati a terra. Tutto cominciò nel luglio 1937 con un G.18 come XF4F-2, monoplano con un motore R-1830-66 Twin Wasp da 1.050 HP. Il risultato fu mediocre ma i concorrenti non erano molto meglio… Il confronto, però, fu vinto dal Brewster F2A Buffalo. Il costruttore, peraltrò, non sospese lo sviluppo e arrivò, attraverso vari progetti e prototipi, al definitivo G-36 o F4F-3 Wildcat, pronto al volo nel febbraio 1940. E questa volta ebbe successo, rafforzando la già considerevole fiducia della quale godeva nel mondo della Naval Aviation. Era nato così il primo rappresentante della famiglia dei “Gatti”. La direzione commerciale della Grumman, infatti, impose all’F4F il nome Wildcat, gatto selvatico, ma quando si parla di tradizioni linguistiche e nomi di animali, raramente le cose sono semplici. In Europa non vi sono dubbi su cosa sia un gatto selvatico e il nome fu certamente compreso in questo senso dall’Aéronavale francese che ordinò il G-36A, la cui consegna fu impossibile poiché quando il primo fu pronto la Francia era già stata invasa. Gli aerei furono girati alla Gran Bretagna che, inizialmente, li chiamò Martlet, balestruccio, nome certamente più adatto, visto che si tratta di una rondine che ama gli ambienti umidi. Tuttavia, negli Stati Uniti non esistono gatti selvatici e, d’altra parte, “cat” non significa solo “gatto” ma anche “felino, felide” mentre “wild” in certi casi è sinonimo di “feroce”. F4F Wildcat (Martlet) Dal punto di vista aeronautico la prima versione di serie F4F-3 aveva un motore R-1830-76 da 1.200 HP e i seguenti dati dimensionali e di massa: apertura alare 11,58 m; lunghezza 8,76 m; altezza 2,81 m; superficie alare 24,15 m2; peso a vuoto 2.423 kg, totale 3.176 kg, massimo al decollo 3.698 kg. Le prestazioni principali erano le seguenti: velocità massima 531 km/h a 6.430 m; autonomia 1.360 km. L’armamento era costituito da quattro mitragliatrici da 12,7 mm e due bombe da 45 kg.   F6F Hellcat (Gannet) Dopo il robusto ma non propriamente entusiasmante F4F, la direzione commerciale Grumman, per quello che si sarebbe rivelato uno dei migliori aerei da caccia del secondo conflitto mondiale, volle un nome che facesse presa sulla fantasia popolare. La circolare con i nomi suggeriti dal Bureau of Aeronautics era già decaduta (senza mai essere entrata realmente in vigore) ed una vera “tradizione felina” non si era ancora affermata. Infatti il nome Hellcat scelto dalla direzione commerciale Grumman, nonostante la desinenza “cat”, non ha a che vedere con i gatti e quello che letteralmente si sarebbe portati a tradurre come “gatto infernale” nel lessico popolare americano significa strega, nel senso di donna bisbetica. Esiste anche un personaggio femminile di fumetti di nome Hellcat, ma la sua creazione è successiva a quella dell’aeroplano. Per la Fleet Air Arm inglese, invece, si sarebbe dovuto chiamare Gannet, sula (un uccello marino). Dal punto di vista aeronautico l’F6F-3 aveva un motore R-2800-10 da 2.000 HP e i seguenti dati dimensionali e di massa: apertura alare 13,05 m; lunghezza 10,24 m; altezza 3,99 m; superficie alare 31,03 m2; a vuoto 4.132 kg, totale 5.648 kg, massimo al decollo 7.301 kg. Le prestazioni principali erano le seguenti: velocità massima 603 km/h a 5.270 m; autonomia 1.754 km. L’armamento era costituito da sei mitragliatrici da 12,7 mm .   F7F Tigercat Per il caccia pesante F7F, che a differenza degli altri tipi era un bimotore, fu proposto inizialmente il nome Tomcat (che sarebbe stato poi “recuperato” per il bireattore F-14 del 1970). Questoi appellativo fu scartato (forse perché non sembrava sufficientemente aggressivo) e allora fu proposto e accettato Tigercat. Letteralmente il Tigercat è il gattopardo, quello che conosciamo anche come serval o servalo, ma negli stati più meridionali degli USA tigercat è anche il gatto tigrino, conosciuto, più a sud, come tigrillo e oncilla. In realtà, se non vi è dubbio sul fatto che tigercat sia normalmente e correttamente tradotto in gattopardo, le intenzioni della Grumman erano differenti: quest’aereo era destinato ad operare nell’area del Pacifico dove ad essere chiamato tigercat è il quoll tigre o dasiuro dalla coda macchiata (o maculato), animale che talvolta in qualche documentario è tradotto affrettatamente in “gatta-tigre”. Per riassumere, nessuno può negare che a dare il nome all’F7F sia il gattopardo ma è più che probabile il doppio significato che abbraccia anche il quoll australiano. Dal punto di vista aeronautico l’F7F-3N aveva due motori R-2800-34W da 2.100 HP e i seguenti dati dimensionali e di massa: apertura alare 15,70 m; lunghezza 14,27 m; altezza 5,05 m; superficie alare 42,27 m2; peso a vuoto 7.380 kg, totale 9.742 kg, massimo al decollo 11.724 kg. Le prestazioni principali erano le seguenti: velocità massima 681 km/h a 6.675 m; autonomia 2.570 km. L’armamento era costituito da quattro cannoni da 20 mm, quattro mitragliatrici da 12,7 mm e 900 kg di bombe.   F8F Bearcat L’F8F nacque soprattutto per potersi misurare con i caccia giapponesi e per questo confermava l’interesse della Grumman per la fauna dell’area del Pacifico. Molti pensano, sbrigativamente, che questo gatto-orso sia il procione, ma non è così. Lasciando da parte l’improbabile traduzione letterale dal cinese per cui il gatto-orso è in realtà una varietà di panda, la spiegazione corretta di bearcat

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